Gestire un team è un compito assai difficile ed ha una complessità che vale la pensa di analizzare più approfonditamente per cercare di comprendere meglio il lavoro dell’allenatore.

“Come gestisco questa squadra?” Una domanda che ogni allenatore si pone. Ad un allenatore viene infatti richiesto di conoscere tecnica e tattica, ma anche di saper controllare l’energia e lo stress, mantenere il focus sugli obiettivi di medio – lungo periodo oltre che avere qualità di leadership, saper comunicare efficacemente e, ovviamente, essere in grado di lavorare sul team building.

Le abilità che un coach deve possedere sono quindi varie e le criticità che possono emergere nell’affrontare queste tematiche sono diverse e variabili a seconda della scenario in cui ci si trova ad operare.

Per esempio, in caso di squadre senior, l’amalgama potrà dipendere molto dalle differenze di età tra i giocatori, dalla loro provenienza sociale, dalle relazioni extra-sportive e dai loro impegni extra sportivi. Un capitolo molto importante e di cui parleremo in un’altra occasione, sono poi gli infortuni e la loro gestione.

Nel settore giovanile, invece, l’attenzione dei coach dovrà essere incentrata sulla crescita psico-fisica dei ragazzi, tenendo quindi in grande considerazione quei fattori di rischio fisici o psicologici legati all’età dello sviluppo. Allenare una squadra giovanile significa rispondere anche a compiti educativi e formativi che vengono implicitamente o esplicitamente accettati.

CONTESTO

Per avere un buon contesto in cui lavorare, il primo passo da fare è trasformare il gruppo di giocatori che abbiamo in palestra in una squadra: creare coesione è sempre un compito arduo, soprattutto se la spinta arriva solo da parte del coach (o solo da parte della società o solo da parte dei giocatori). Esistono alcune abilità che un coach può e deve utilizzare per costruire la squadra: obiettivi condivisi, comunicazione efficace e fiducia reciproca.

OBIETTIVI CONDIVISI

Avere un obiettivo definito chiaramente e che abbia i connotati per essere definito tale (si parla di obiettivi SMARTS), costituisce un ottimo elemento per avere un grado di teamwork elevato. Compito dell’allenatore è verificare che questo sia realmente condiviso da tutti i membri della squadra, dirigenza e staff inclusi. Un errore da evitare è quello di dare per scontato che “giocare nella nostra squadra” abbia lo stesso significato per tutti, o che tutti i giocatori abbiano realmente compreso il proprio ruolo e i propri doveri. È anche necessario che i ruoli siano definiti e riconosciuti, che le regole siano a loro volta condivise da tutti ed intese come strumenti utili al benessere della squadra.

La condivisione dell’obiettivo facilità molto anche la gestione di eventuali conflitti fungendo da faro guida per il superamento delle tensioni che possono nascere dentro il team: affrontare gli ostacoli avendo un obiettivo condiviso aiuta a trovare i giusti compromessi.

FIDUCIA

Non è semplice guadagnare la fiducia di un team composto da molti elementi con bisogni e richieste  molto diversificate: alcuni atleti vorrebbero l’allenatore amico, altri l’allenatore psicologo, altri ancora desiderano un confronto tecnico. Inizialmente è bene dimostrare di avere una conoscenza tecnica forte, questo aumenta la leadership sui giocatori. Con richieste adeguate alle capacità tecniche dei vari giocatori, motivanti e che valorizzino le loro caratteristiche rendendoli di conseguenza importanti all’interno della squadra, si crea una spirale positiva che va ad alimentare la fiducia. Una volta dimostrata la leadership tecnica i giocatori saranno più disponibili a seguire le scelte dal coach.

COMUNICARE EFFICACEMENTE

Alla base di tutto ciò deve esserci un’ottima capacità di comunicare. Iniziamo col dire che non è possibile non comunicare: anche il silenzio è una forma di comunicazione. È in oltre molto importante utilizzare feedback con i giocatori. Questo strumento aiuta ad incrementare le performance agendo sul miglioramento tecnico individuale e, di conseguenza, incrementando l’ auto-efficacia.

“Non è quello che dite loro, è ciò che loro sentono”Red Auerbach

Vanno tenute in grande considerazione le varie forme di comunicazione che un coach utilizza: gestualità, tono della voce, postura del corpo, distanza dall’interlocutore sono forme di comunicazione non verbale che accompagnano le parole. Quanto è più efficace un discorso di incoraggiamento se viene accompagnato da una pacca sulla spalla? Che effetti hanno invece sguardi negativi mentre il coach parla?

Per mantenere efficace la comunicazione ed evitare di incorrere in pericolose frizioni bisogna cercare di essere costruttivi. Per esempio, per parlare alla squadra, è bene mettersi in una posizione sia possibile guardare tutti i giocatori negli occhi.  Altra buona prassi è quella di utilizzare un linguaggio idoneo all’atleta che abbiamo di fronte, verificando che il messaggio sia passato correttamente ed utilizzando un tono adeguato al contenuto di ciò che si sta dicendo (non posso fare un rimprovero accompagnato da un sorriso!).

EFFICACIA E CULTURA DEGLI ALIBI

Ogni atleta è un essere umano e come tale ha desideri e bisogni. In ambito sportivo quello del riconoscimento è generalmente il più sentito dei bisogni, infatti la vittoria viene interpretata dall’atleta come un riconoscimento del proprio valore di persona. Allo stesso modo atleti che sperimentano la sconfitta possono sviluppare la percezione di una propria mancanza di abilità. Questi giocatori probabilmente tenderanno a giustificare i cattivi risultati alimentandola cultura dell’alibi. Per poter uscire da questa spirale si dovrebbe riuscire nel non facile compito di far loro riacquisire una percezione obiettiva della propria efficacia.

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